Elia profeta (20 luglio)
La vita, la storia
La vicenda di Elia è raccontata nel cosiddetto "ciclo di Elia": 1 Re 17 - 2 Re 2.
Il profeta Elia opera nel Regno del Nord, il Regno d'Israele scismatico e tentato dall'idolatria, nel IX secolo a.C., sotto il re Achab e sua moglie Gezabele, e i re Achazia e Joram, dunque tra l'874 e l'841.
Sono anni di grande prosperità economica, di urbanizzazione (fondazione della capitale Samaria), di commerci internazionali, di relazioni con i popoli pagani vicini (Achab, figlio del re Omri sposa Gezabele, figlia del re fenicio di Sidone). Sono anche anni di idolatria e di sincretismo religioso: gli dei fenici Baal e Astarte trovano posto nel regno del Nord accanto al Dio Unico, con i loro culti frenetici, con i loro templi e sacerdoti di origine fenicia; appaiono anche i falsi profeti di Baal. Questa idolatria e sincretismo religioso significano anche sfruttamento dei poveri, come anche il sorgere di classi ricche e amorali che calpestano i poveri, i piccoli.
Il re del regno di Israele al tempo di Elia, rappresenta la massima degradazione: voleva strappare dal cuore di Israele il Dio dell'alleanza, per questo uccise tutti i profeti di Jahvé, per sostituirli con quelli di Baal.
Di fronte al dilagare dell'idolatria e dell'ingiustizia, il Dio unico suscita una resistenza: settemila uomini che non piegarono il ginocchio davanti a Baal (non adorarono Baal), i Recabiti e infine i profeti del Dio unico. Tra questi si erge come capo-scuola il profeta Elia: "Allora Sorse Elia profeta, simile al fuoco, la sua parola bruciava come fiaccola" (Sir 48,1, cfr 48,1-11). Così in questa situazione di forzata e violenta "adulterazione" religiosa, sorge improvvisamente il profeta Elia, un uomo vestito in maniera rude (2Re 1,8), di carattere irruente (1Re 18,17), amante della vita nomade e delle solitudini (1Re 17,2-6.12). Egli si presenta come accusatore della strumentalizzazione religiosa e del potere, e impegnato a reintrodurre i veri valori religiosi della tradizione, particolarmente Jahvé come unico Dio per Israele (1Re, 18, 21-24. 36-39).
Originario dell'oltre Giordano (Tesbe [el-Istib], vicino ad Aglun), terra marginale, di grandi foreste, di gente nomade e libera, conserverà per tutta la sua vita questo carattere dell'improvvisazione libera, dei colpi fulminei, della totalità senza limiti nell'entusiasmo e nell'abbattimento. Per questo rappresenta la fisionomia tipica del profeta: cioè dell'uomo dominato dallo Spirito, che irrompe nella vita degli uomini senza preavviso, e scompare misteriosamente quando Dio lo "prende con sé".
Elia dunque appare all'improvviso nel testo biblico, si presenta in modo brutale davanti al re Achab. Il suo nome è Elijjah che significa: "JHWH è il mio Dio"; ma anche l'appellativo di Tisbita potrebbe significare "colui che si converte" o "colui che provoca la conversione": infatti il soprannome di Tisbita deriva dalla stessa radice di teshubah, che significa conversione.
Le sue prime parole sono: "Dio, il Signore, è vivente; egli vive, e io sto davanti alla sua faccia". Elia è un grande mistico, è colui che ha fatto l'esperienza della comunione con Dio: due sguardi che s'incontrano, nell'amore e nella libertà. Dio è per Elia il pulsare della vita stessa, come si manifesta nei nostri momenti di verità: momenti di un amore libero, quando si sciolgono i nodi del cuore (liberamente da H. Le Saux). Egli sente con tutte le fibre del suo essere che Dio vive e che egli sta davanti a Dio. Da questa relazione intima e profonda sgorga l'annuncio che "in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo dirò io". Elia inizia il suo ministero con una testimonianza della sua fede, niente di più. Cfr. 1Re 17,1.
Alla luce della Bibbia Elia appare caratterizzato da cinque atteggiamenti fondamentali:
- è il vincitore del Monte Carmelo (1Re 18), e quindi il restauratore del "monoteismo", colui che riporta il popolo all'adorazione dell'unico Dio vivo e vero dimostrando l'inconsistenza del politeismo, (adorazione di molti dei).
- è l'avversario del potere regio: con il quale spesso entra in sfida pubblica, sia su questioni di principio religioso ("chi è il vero Dio?"), sia per problemi pratici: dopo l'agguato mafioso a Naboth, Elia appare di una severità durissima (cfr. 1Re 21,1-29);
- è l'uomo del mistero: che appare all'improvviso e poi si sgancia senza farsi più trovare. Su di lui pende un mandato di cattura del re, ma senza efficacia. Possiamo dire che usa piuttosto la tattica del "mordi e fuggi" e non quella della presenza ostinata e caparbia, come avviene per esempio con Geremia o Amos;
- è l'uomo che ha parlato con Dio (sull'Oreb), in un contesto che rimane sempre paradigmatico per i mistici (mirabile quella ‘brezza leggera" o "silenzio sonoro" di cui parla il 1 Re 19,17).
- E' infine artefice di pace,secondo la interpretazione posteriore. Per es. l'ultimo dei profeti, Malachia (450 a.C) lo presenta inviato: "per ricondurre il cuore del padre verso il figlio" (3, 23-24).
Per Giacomo (Gc 5,17s) Elia è anche modello della preghiera del giusto, che ottiene esaudimento.
Tradizione carmelitana
Accanto ad un'accentuata dottrina mariana, nel Carmelo si è sempre coltivata una "forte coscienza eliana", ricca di spiritualità ma anche di devozione popolare. "Carmelitarum Dux et Pater", così l'Ordine, nato presso la Fonte [di S. Elia], sul Monte Carmelo, ha chiamato per secoli il profeta Elia.
Recenti sviluppi
In rapporto ai recenti sviluppi della riflessione eliana, all'interno dell'Ordine carmelitano, accenniamo l'apporto che in questi anni ha dato al tema un carmelitano olandese-brasiliano, Carlos Mesters. Per Mesters, Elia profeta appare come un uomo che vive anzitutto dentro di sé delle lacerazioni fra antico e nuovo, fra immagini ormai spiazzate di Dio e della sua significanza, e nuove sfide culturali e sociali. La sua lotta pubblica contro i potenti del sistema , come anche la sua esperienza di penitente, solitario, mistico, si devono leggere all'interno di un processo di superamento della crisi che Elia vive con il popolo e a vantaggio del suo popolo.
Il cammino della solidarietà con gli oppressi e gli smarriti, il cammino della lotta aperta per la giustizia e contro ogni strumentalizzazione della religione, raggiungono il loro vertice e trovano la loro segreta forza nella vita contemp/ativa, nella purificazione interiore che Elia accoglie in circostanze misteriose sull'Oreb, e si rende pubblica nella ascensione finale sul carro di fuoco.
Proposta
Proponiamo il brano biblico dell'incontro di Elia con Dio sul monte Oreb, come spunto di riflessione e preghiera. Cfr. 1Re 19,8-13.
Con la forza di quel cibo Elia camminò per quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio, l'Oreb. Là entrò in una caverna per passarvi la notte, quand'ecco gli fu rivolta la parola del Signore: "Che cosa fai qui Elia?" Egli rispose: "Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti..." Gli disse: "Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore". Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo un terremoto un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una brezza leggera. Come l'udì Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all'ingresso della caverna.
Preghiamo
O Signore, ti chiediamo sull'esempio di S. Elia, di saper riconoscere tra i frastuoni e le mille voci che echeggiano nel mondo e dentro il nostro cuore, l'unica voce, che è la tua voce, che ci parla nel segreto, che sussurra nel profondo di noi stessi la parola di verità , di pace, di luce e di speranza per la nostra vita, sempre misteriosamente unita alla vita dei nostri fratelli. Amen.
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