Ero prigioniero e mi avete visitato...
Voi sentite che io faccio fatica a parlare perché mi pare che in questo momento le parole servano poco. Non vorrei nascondere con delle frasi la mia grande pena. Sapete quale è? Che non posso far niente per voi. Voi desiderate la libertà: non tocca a me, non posso io certo concedervela. Voi desiderate l’onore, reintegrare la vostra persona, il vostro nome, la vostra famiglia. Che posso fare io? ... Ed ecco quanto maggiormente mi affligge, poiché non spetta a me il portarvi questi benefici, ardentemente auspicati. Sapete perché sono venuto? Perché sono mandato. […] Sono felice di essere qui, mandato da Nostro Signore Gesù Cristo. Voglio anzi spiegarvi perché il Signore che mi guida, mi dà degli occhi, che arrivano sin nell’intimo delle anime, e vedono più profondo di quanto non riescano a fare tutti gli occhi sapienti e analitici della dottrina umana. Vi voglio bene, non per sentimento romantico, non per moto di compassione umanitaria; ma vi amo davvero perché scopro tuttora in voi l’immagine di Dio, la somiglianza di Cristo, l’uomo ideale che voi ancora siete e potete essere. Osservo dentro di voi - faccio fatica; ma ci riesco, sapete! - l’immagine che vado cercando, che è tutto il segreto del mio ministero, della mia autorità, della mia missione e che spero un giorno in paradiso di poter contemplare con questi stessi occhi, ora aperti sopra di voi. Vado cercando in voi l’immagine di Cristo. […] Direi che un solo peccato potete commettere qui: la disperazione. Togliete dalla vostra anima questa catena, questa vera prigionia e lasciate che il vostro cuore, invece, si dilati e ritrovi - anche nella presente costrizione che vi toglie la libertà fisica, esteriore, - i motivi della speranza. Io vi apro i cieli di questa speranza, che sono quelli della vostra restituita dignità, della vostra risollevata umanità, del vostro avvenire, non più chiuso ed oscuro, del vostro dirigervi al destino superiore a cui il Salvatore vi chiama e vi incammina.
Da allora, ogni anno a Natale Papa Paolo inviava un dono per ciascun detenuto (dei dolci e un segno religioso con il suo augurio), sia al carcere di REGINA CÆLI che a REBIBBIA.
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