Dale Recinella racconta la storia di Kenny, “l’unico”
«Voglio cercare di vivere la nonviolenza di Gesù Cristo
proprio qui, in prigione»
diceva Kenny...
L’Istituto di Correzione Apalachee, detto ACI, si trova a circa 90 km ad ovest della nostra casa di Tallahassee. Nella penisola della Florida, è proprio sul confine tra il fuso orario orientale e quello occidentale. Accolgo l’invito del cappellano del carcere nel gennaio del 1990, e mi presento alla Cappella dell’ACI per pregare con i malati terminali. Quasi tutti sono affetti dall’AIDS o dal cancro. Sono molto rigido sul fatto di limitare la mia assistenza ai malati terminali, perché non voglio essere sommerso da visite di detenuti sani che vogliono solo incontrare un avvocato. Sono lì per pregare solo con gli uomini che stanno per morire.
Quando entro nella cappella, trovo una lunga fila di oltre 50 detenuti, che si snoda all’esterno dell’edificio, ognuno in attesa del suo appuntamento individuale con me. L’addetto alla cappella, che è stato designato ad assistermi, mi chiede a sua volta un appuntamento di preghiera. Sono molto duro e aspro con lui: “Allora, detenuto Kenny, qual è la tua malattia terminale?”
Questo giovanotto mi risponde, senza malizia o sarcasmo, con un sorriso luminoso: “Il peccato è la mia malattia terminale. Può aiutarmi a gestirla?”
In quel fatidico giorno di 31 anni fa, avevo appena incontrato un uomo che sarebbe divenuto la mia guida e il mio compagno di un viaggio fantastico alla scoperta del mondo interno alle carceri della Florida. Avevo appena incontrato Kenny Cofield, L’Unico. Questo è il soprannome che si era dato, perché era fiero di essere esattamente come sembrava, senza pretese, senza mettersi in mostra. Non un uomo che recita, come usano dire in carcere.
continua…
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